Si svolge nella domenica successiva alla Pasqua, con la processione di una statua, raffigurante la Madonna del Carmine, che – dal Santuario della Madonna delle Galline, gira per tutta la città di Pagani e per tutto il giorno, fermandosi anche dinanzi alla Basilica Pontificia di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Lungo il percorso vengono offerti dolci, torte rustiche (tortano), galline. Sono allestiti i “toselli”, edicole votive preparate con raso, merletti, stampi in terracotta raffiguranti le galline, quadri e statuette della Madonna. Alla basilica di Sant’Alfonso la statua riceve in dono, dai padri redentoristi, una coppia di galline, secondo l’uso dello stesso sant’Alfonso; il dono è ricambiato dalla Madonna con due colombe. La festa è accompagnata dai suonatori di tammorra e castagnette, che suonano dal venerdì in albis fino all’alba del lunedì successivo, quando gli strumenti vengono deposti ai piedi della Madonna, segnando la fine dei festeggiamenti.
La tradizione popolare racconta che nel XVI secolo, nell’ottava della Pasqua, alcune galline, razzolando, portarono alla luce una piccola tavola lignea su cui era raffigurata la Madonna del Carmine. L’immagine avrebbe compiuto miracoli (l’improvvisa guarigione di uno storpio e poi altri sette). A causa del deperimento del quadro originario, l’immagine venne riprodotta su tela e collocata in una chiesa appositamente eretta nel luogo del ritrovamento.
…c’è da dire che in una certa lettura antropologica dell’accaduto fatta delle “consuetudini” della vita nei casali, (tra verità e leggenda), è quella per cui l’evento del ritrovamento dell’immagine sacra da parte delle galline, (razzolanti nell’aia), difatti portò alla luce una odiosa pratica che fu quella della soppressione di nascituri indesiderati, frutti di abusi familiari e di cortile, (questo essendo ascrivibile quale unica forma di vita sociale), e l’immagine sacra utilizzata come sigillo del tumulo, le nenie litaniche delle donne, le cantilene dei parolai che di cortile in cortile scacciano il “male” con il ritmo di tammorre e nacchere liberando, allo stesso tempo le nenie dalla colpa nel rito della tarantolata che diventa ballatrice sessualmente attiva.
La presenza delle pratiche danzanti, tarantolate, al suono di tammorra e nacchere inserisce elementi di arcaicità, una funzione apotropaica tipica dei riti di eliminazione del male, e in ultima istanza propiziatoria della fertilità. Questi riti di fertilità, peraltro, fortemente presenti nell’intero agro Nocerino Sarnese che va dai territori prossimi all’insediamento, da sempre, metropolitano di Napoli al territorio che è della enorme provincia di Salerno, basti pensare ai riti della Madonna dell’Arco con i suoi tosielli a forma di nave, l’innalzamento dei Gigli nello stesso agro…etc